L'anniversario contestato
Terrorismo e 7 aprile padovano.
Non c'è una storia da riscrivere
«Basta con le bugie dei reduci di Autonomia operaia»
Il Mattino di Padova,
4 aprile 2009
In questi giorni
alcuni dirigenti di quel che resta dell’esperienza
dell’Autonomia Operaia Organizzata stanno cercando
con convegni e pubblicazioni di accreditare la
teoria che le inchieste della procura di Padova sul
terrorismo rosso, culminate negli arresti del 7
aprile 1979, sarebbero state il frutto di una
montatura politica e si sarebbero risolte con le
assoluzioni degli imputati.
IL TENTATIVO
Si tratta di un tentativo patetico e maldestro,
sostenuto e sponsorizzato da qualche gruppo
editoriale e da qualche accademico, di nascondere e
negare le responsabilità di chi ha commesso gravi
reati e ha promosso associazioni eversive che hanno
organizzato e realizzato violenze e crimini per
indebolire le istituzioni e rovesciare l’ordinamento
democratico. E’ il tentativo di chi sa di essere
stato sconfitto perché è rimasto isolato nella
società.
I reduci dell’Autonomia fingono di ignorare le
verità accertate in sede giudiziaria, di dimenticare
i crimini e le vittime del terrorismo e inventano
fantasiose teorie per occultare le responsabilità.
Così si alimentano le versioni di parte, costruite
ad arte dai terroristi e dai loro seguaci e
simpatizzanti per falsificare e mistificare la
realtà. Nel 1979 avevo 10 anni, non sono rimasto
coinvolto né emotivamente né personalmente da quelle
vicende e non cerco vendette né accanimenti
giudiziari. Penso che sia sbagliato dare spazio,
credito ed ascolto alle ricostruzioni storiche degli
anni di piombo basate soltanto sulle versioni dei
terroristi e dei loro amici. Sarebbe come se la
storia della mafia fosse raccontata da Totò Riina o
quella della Repubblica di Salò da qualche
comandante delle Brigate Nere. E’ ora di finirla con
l’anomalia solo italiana che considera i terroristi,
autori di omicidi e violenze, come delle vittime del
sistema giudiziario o come eroi positivi incompresi
dal sistema.
UN PUNTO FERMO
Innanzitutto bisogna affermare con forza un punto
fermo: chi difese la democrazia stava dalla parte
della ragione, chi organizzò l’eversione stava dalla
parte del torto. Chi teorizzò e praticò la violenza,
chi organizzò e militò nei gruppi armati, chi sparò,
chi attentò alla vita di altre persone commise dei
reati gravi e si macchiò di crimini da condannare.
Magistrati, forze dell’ordine, dirigenti e militanti
di partiti e sindacati, cittadini, professori,
giornalisti, tutti coloro che contrastarono
l’eversione e il terrorismo, difesero le istituzioni
e la democrazia e devono essere ringraziati e
ricordati per il servizio che resero al Paese.
Per discutere del terrorismo e degli anni di piombo
in modo obiettivo ritengo necessario partire dai
fatti, dalle vittime, studiare, conoscere e
divulgare le sentenze che hanno giudicato i
responsabili dei reati e le certezze raggiunte nei
tribunali. Le sentenze definitive sono state emesse
da diversi anni e hanno individuato responsabilità e
colpe precise per gli autori di delitti gravissimi
determinando pene consistenti e contribuendo così a
chiudere una stagione di lutti e violenze.
Al termine del lungo percorso giudiziario, che ebbe
un momento importante negli arresti del 7 aprile
1979, su 243 persone rinviate a giudizio, 162 furono
condannate a 424 anni e 2 mesi di reclusione, e la
pena fu ridotta dalle amnistie, dalle prescrizioni e
dall’ampia concessione delle attenuanti. Inoltre le
sentenze confermarono l’esistenza del partito
armato, fondato sui rapporti politici e militari tra
diversi gruppi terroristici: Brigate Rosse, Prima
Linea, Autonomia Operaia Organizzata, Collettivi
Politici Veneti. Queste organizzazioni erano
collegate e coordinate nelle loro azioni e
utilizzavano la violenza armata per realizzare lo
stesso disegno eversivo di destabilizzare e colpire
le istituzioni.
IL LAVORO DI CALOGERO
Il lavoro coordinato dal dottor Pietro Calogero
portò alla luce per la prima volta la struttura
organizzativa del partito armato che era articolato
su due livelli: il fronte di massa e il fronte
combattente. Il primo praticava la violenza diffusa
e l’illegalità di massa; il secondo realizzava
azioni armate contro obiettivi specifici. A Padova
furono assassinati Graziano Giralucci, Giuseppe
Mazzola, militanti del Msi, e l’agente di polizia
Antonio Niedda, furono feriti con colpi d’arma da
fuoco il giornalista Antonio Garzotto, il professor
Ezio Riondato, Giampaolo Mercanzin, il professor
Angelo Ventura, dopo essere stato ferito, sfuggì ad
un agguato omicida solo grazie ad una sua tempestiva
reazione, i professori Guido Petter e Oddone Longo
furono selvaggiamente picchiati. Ci furono
aggressioni e violenze contro chi si opponeva agli
autonomi, ci furono attentati incendiari ed
esplosivi. Per anni, grazie ad una sostanziale
impunità, Padova diventò il centro del terrorismo e
della violenza diffusi. Le teorie dei reduci
dell’Autonomia Operaia non spiegano e non dicono chi
organizzò e realizzò questa mole impressionante di
crimini, non dicono chi furono i responsabili di
omicidi e violenze. Le prove raccolte dalle forze
dell’ordine e dai magistrati padovani invece
riuscirono ad individuare molti colpevoli e a farli
condannare con sentenze definitive in tribunale.
Senza quelle inchieste e senza gli arresti del 7
aprile 1979 il terrorismo non sarebbe stato
sconfitto.
LE RESPONSABILITA’
Pietro Calogero fu il primo a comprendere le
caratteristiche del partito armato; le sue indagini
accertarono le responsabilità per reati specifici e
scardinarono l’impostazione strategica della lotta
armata. Non a caso i processi si sono conclusi con
sentenze di condanna. Per questo i reduci
dell’Autonomia odiano il teorema Calogero, perché
sanno che è stato dimostrato in sede giudiziaria:
l’unica valida in un sistema democratico per
accertare le responsabilità penali; e sanno che
proprio le prove raccolte dalla Procura di Padova
individuarono gli autori di terribili reati e
assestarono un colpo decisivo contro il terrorismo.
I reduci dell’Autonomia si preoccupano se sentono
parlare delle sentenze, temono il ricordo
documentato di quegli anni, perché sono infastiditi
dalla memoria delle responsabilità dei crimini
commessi. Solo così si spiegano l’ostinazione e la
pervicacia con le quali continuano a raccontare
bugie su quel periodo.
VERITA’ ROVESCIATA
Da tempo molte persone che hanno diretto e
sostenuto l’eversione e la lotta armata lavorano per
rovesciare le evidenze e le verità accertate nei
processi. Purtroppo questo lavoro è stato favorito
da chi in passato ha collaborato con le
organizzazioni terroristiche e ne ha condiviso le
strategie e le finalità senza però essere
condannato. Molti di questi soggetti sono riusciti a
sfuggire alle condanne per i ritardi e le
inefficienze del sistema giudiziario o sono stati
assolti per insufficienza di prove e ricoprono ora
ruoli importanti nel mondo universitario e negli
organi di informazione. A questo lavoro si è
aggiunta una responsabilità delle istituzioni che,
per anni, fino all’approvazione della legge del 2007
che ha istituito il giorno della memoria delle
vittime del terrorismo, hanno considerato
l’eversione una parentesi da chiudere in fretta,
anche per coprire le incapacità e le iniziali
complicità di alcuni settori dello Stato. Per queste
ragioni i terroristi e i loro sostenitori,
fiancheggiatori e amici, hanno svolto e, almeno in
parte, continuano a svolgere un ruolo di
protagonisti nelle ricostruzioni di quel periodo.
IL CONVEGNO
Ecco perché si organizzano convegni sul 7 aprile
senza parlare dei fatti, delle vittime, dei 708 atti
di violenza eversiva commessi a Padova soltanto tra
il 1977 e il 1979. Ecco perché si parla troppo poco
di chi ebbe il coraggio, mettendo a repentaglio la
propria vita, di contrastare la violenza politica.
Ed ecco perché se qualcuno ricorda i fatti e le
vittime, se ricostruisce le vicende sulla base delle
sentenze definitive, se elenca, con nomi e cognomi,
in modo trasparente, i criminali responsabili di
gravi reati e violenze contro cose e persone viene
subito attaccato ed accusato delle peggiori infamie.
Penso che ricordare la verità storica sia un
preciso dovere civile e morale, in particolare nei
confronti di chi ha perso la vita ed è stato vittima
dei terroristi e nei confronti delle giovani
generazioni che rischiano di crescere in un vuoto di
memoria pericolosissimo, perché in quel vuoto
possono attecchire di nuovo ideologie e pratiche
violente e teorie eversive e antidemocratiche.
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presentazione del libro
di Alessandro Naccarato:
VIOLENZE, EVERSIONE E
TERRORISMO DEL PARTITO ARMATO A PADOVA