PD, UN PARTITO
PER LE RIFORME
Mattino di
Padova 6 giugno 2007
Vorrei provare a sfatare un luogo comune sulle
recenti elezioni amministrative. Non penso che la
sconfitta del centrosinistra sia da attribuire solo
al governo Prodi e non penso che la sua azione sia
stata così disastrosa come oggi viene dipinta.
L’esecutivo si è concentrato con successo per
raggiungere un obiettivo impopolare ma necessario:
la riduzione del debito pubblico e il risanamento
dell’economia. Per questa ragione gli enti locali e
le pubbliche amministrazioni hanno subìto tagli
pesanti e alcune categorie sono state penalizzate
dai provvedimenti sul fisco e dalla lotta
all’evasione. Del resto, se si vuole rimettere in
moto l’economia del Paese, non ci sono alternative:
solo il risanamento può consentire di avviare
interventi per lo sviluppo. In questo modo il
governo ha deluso molte aspettative e ha favorito
l’astensione dal voto degli elettori di
centrosinistra. La situazione è stata aggravata
dalle divisioni e dalle liti continue nel
centrosinistra, spesso impegnato a cercare
visibilità dei singoli ministri e dei relativi
partiti. Dall’altra parte, il centrodestra si è
presentato più unito e compatto rispetto a 5 anni fa
e ha cavalcato in modo demagogico il voto di
protesta. Sulla sicurezza, ad esempio, non è
possibile sostenere che tutti i problemi nascono
adesso e sono dovuti alle inefficienze e al buonismo
della sinistra. E lo stesso vale per l’immigrazione,
visto che è in vigore la legge Bossi-Fini, che ha
peggiorato la situazione e non ha risolto i
problemi. I limiti del centrosinistra vengono da
lontano e per questo hanno bisogno di riflessioni e
proposte serie. Infatti il dato elettorale conferma
i risultati dello scorso anno e delle precedenti
tornate. Tutti sembrano dimenticarsi che il
centrosinistra è minoranza da tempo. Ad esempio nel
1996 il centrosinistra ha avuto la maggioranza in
Parlamento grazie alla legge elettorale, che ha
permesso di eleggere molti parlamentari con poco più
del 35% dei voti grazie al fatto che Lega Nord e
Casa delle libertà erano separati. Sia chiaro, non
intendo minimizzare, anzi credo che la situazione
sia gravissima. Per questo non sono sufficienti
cambiamenti nominalistici o l’introduzione di
elementi di localismo. Penso che l’unica cosa da
fare sia la costruzione rapida di un nuovo partito
radicato nel territorio, con un programma chiaro di
riforme. Faccio alcuni esempi. Alla piccola impresa
dobbiamo proporre un patto per evitare il declino e
per riprendere la crescita e lo sviluppo
equilibrato. La politica deve offrire risorse per la
formazione, per gli ammortizzatori sociali in caso
di ristrutturazioni aziendali, deve assicurare
agevolazioni fiscali per sostenere investimenti in
ricerca e innovazione, e garantire una
semplificazione amministrativa e burocratica.
Bisogna investire di più nella formazione e nella
conoscenza. L’innalzamento dell’obbligo scolastico a
16 anni costituisce una grande opportunità per
affrontare la disgregazione sociale che colpisce i
giovani e le famiglie e deve rilanciare l’istruzione
e la formazione tecnica e professionale. Va
rovesciata la distribuzione della spesa pubblica e
dell’organizzazione dello stato sociale. Servono più
risorse e investimenti per le donne, per i giovani e
per le famiglie che hanno figli.
Serve anche molto coraggio, perché l’andamento
demografico del Paese favorisce le generazioni più
anziane, che contano sempre di più in termini
quantitativi e qualitativi, visto che occupano la
maggior parte delle posizioni decisionali e
costituiscono un elemento importante di consenso. Ma
così non c’è futuro. Pensate alla discussione
ridicola e surreale che si è aperta sul cosiddetto
tesoretto, le maggiori entrate del bilancio dello
Stato. Da tutte le parti si sono sentite solo
richieste: imprese, sindacati, categorie economiche,
come al solito tutti chiedono e nessuno pensa agli
interessi generali, al fatto, per esempio, che si
potrebbe decidere, come hanno fatto altri Paesi, con
l’accordo di tutti, di ridurre il debito pubblico
per pagare meno interessi ed avere così più risorse
disponibili in futuro. La costruzione del Partito
democratico può diventare l’occasione per allacciare
relazioni e rapporti con settori della società
veneta che oggi ci percepiscono distanti e rivolgono
l’attenzione verso il centrodestra o si rifugiano
nel qualunquismo e nell’antipolitica. Per avviare
questo lavoro è necessario un atteggiamento di
umiltà, di apertura e disponibilità, bisogna avere
il coraggio di mettersi in discussione. Se vogliamo
coinvolgere altre persone, avvicinare cittadine e
cittadini al nuovo partito, non dobbiamo dettare
condizioni, porre steccati. Altrimenti rischiamo di
ripetere i fallimenti degli ultimi anni. Penso
infatti che dobbiamo smetterla di avere la pretesa
di spiegare agli altri come vanno le cose, di
rivolgerci alla società come se noi avessimo la
ricetta per tutti i problemi. Questo mi sembra
l’unico modo per provare a convincere settori
sociali e categorie che da troppo tempo guardano a
destra.
Alessandro Naccarato segretario regionale Ds