Investire nella scuola
per uscire dalla crisi
Il
Mattino di Padova, 13 settembre 2009
L’inizio
dell’anno scolastico riporta l’attenzione sui
problemi causati dai tagli decisi dal governo
Berlusconi con la legge numero 133 approvata
nell’estate del 2008: riduzione degli insegnanti,
anche di sostegno, aumento del numero di alunni per
classe, mancanza di risorse per l’edilizia
scolastica e per l’accoglienza e l’integrazione dei
ragazzi stranieri. Il risultato delle promesse del
ministro Gelmini e dei tagli del ministro Tremonti è
un complessivo peggioramento della qualità della
scuola.
Il governo italiano si muove nella direzione
opposta a quella intrapresa dai grandi Paesi
occidentali, in particolare Stati Uniti, Germania,
Svezia e Gran Bretagna, che stanno aumentando gli
investimenti nell’istruzione e nella ricerca per
uscire dalla crisi economica in atto. Là, governi di
diverso colore politico stanno trasformando la crisi
in un’occasione per aumentare la spesa pubblica in
settori ritenuti strategici come sanità e scuola.
Per rilanciare lo sviluppo e dare opportunità alle
giovani generazioni dobbiamo seguire quell’esempio e
destinare maggiori risorse alla conoscenza e alla
formazione. Solo così possiamo aumentare e
diffondere saperi e competenze indispensabili nella
società del futuro e possiamo restare
all’avanguardia nel campo della ricerca e
dell’innovazione. L’alternativa è un inesorabile
declino e una perdita di importanza e di
competitività per la nostra economia. Per questo
dobbiamo batterci per respingere le scelte miopi
della destra e avanzare proposte concrete per
aumentare la qualità della scuola. Provo a indicarne
alcune.
Innanzitutto deve essere respinta l’idea del
governo che punta a una scuola chiusa in se stessa,
alla riduzione dei fondi e al ritorno ai modelli
didattici dell’inizio del secolo scorso. Ad esempio,
deve essere potenziato l’insegnamento delle lingue
straniere, stanziando risorse adeguate. Per stare al
passo dei Paesi più avanzati serve la conoscenza
dell’italiano, dell’inglese e di almeno un’altra
lingua comunitaria. O si pensa davvero di poter
comunicare meglio studiando i dialetti?
Bisogna aumentare le risorse per migliorare
l’integrazione degli studenti stranieri. Così la
scuola può diventare lo strumento più efficace per
formare i cittadini di domani, per educare i
ragazzi, italiani e immigrati, alla convivenza
civile e al rispetto della legalità. Questo sarà
molto difficile con l’aumento del numero degli
alunni per classe. Negli ultimi dieci anni la
presenza di studenti stranieri in Veneto nella
scuola dell’obbligo è passata dall’1,6% al 10,2% e
questo dato dimostra la necessità di investire di
più nell’accoglienza e nell’integrazione degli
studenti immigrati. Inoltre deve essere ripresa
l’idea di fondo del progetto avviato dal ministro
Berlinguer: l’unico serio tentativo di riforma da
Gentile in avanti. L’alternativa è la conservazione
dell’esistente e i tagli che condannano la scuola al
modello tradizionale della lezione frontale e dello
studio pomeridiano a casa.
Bisogna rilanciare e potenziare l’autonomia
scolastica, valorizzare e responsabilizzare gli
insegnanti e aprire le scuole a metodi di
insegnamento e di apprendimento diffusi negli altri
Paesi europei: l’esperienza diretta, la flessibilità
del gruppo classe, i laboratori scientifici, la
soluzione di problemi concreti, le attività
individuali e di gruppo. Certo, per fare ciò,
servono risorse, spazi, motivazioni. Ed è per questo
che la scuola, se sostenuta da investimenti
economici, può diventare il luogo della cultura e
della socializzazione, lo strumento per rimettere in
moto il Paese e costruire la futura società della
conoscenza.