SINDACATO, I PERICOLI
DELL’INFILTRAZIONE
Mattino di Padova 14-2-2007
Ci risiamo. A Padova alcune persone tramavano nell’ombra per
rimettere in piedi le Brigate rosse e organizzare omicidi,
attentati e violenze. Per merito della magistratura e delle
forze di polizia, le cose sono andate diversamente.
L’azione di prevenzione è stata straordinariamente efficace e i
nuovi terroristi sono stati messi, per ora, nelle condizioni di
non nuocere. Evidentemente gli omicidi di D’Antona, Biagi e di
Emanuele Petri hanno insegnato qualcosa.
Perché è potuto succedere e cosa fare a questo punto? A queste
due domande una classe politica all’altezza della situazione
deve saper rispondere senza reticenze e senza perdere tempo
prezioso. Le radici dell’estremismo politico e terrorista non
sono state ancora estirpate. Lo sapevamo, e chi nutriva dubbi,
sbagliava. Predicare e giustificare la violenza, teorizzare il
sovvertimento dello stato democratico producono frutti
avvelenati. Questo atteggiamento non va in alcun modo tollerato,
va combattuto e isolato, negandogli qualsiasi spazio, impedendo
ogni agibilità politica. E’ compito del sindacato e di tutti i
partiti.
Negli anni ’80, molti protagonisti degli anni di piombo hanno
annunciato, alla luce del sole, la loro strategia: l’«entrismo»,
iscriversi alle forze politiche e sindacali, condizionarle,
cercare lì nuovi adepti per la causa sovversiva. Col passare del
tempo qualcuno ha abbassato la guardia o, semplicemente, ha
sottovalutato il pericolo. Colpisce il fatto che sette dei 15
arrestati sono iscritti alla Cgil, il sindacato che è stato in
prima linea contro il terrorismo: questo dimostra che il lavoro
di infiltrazione potrebbe essere in uno stadio avanzato e che
occorre maggiore vigilanza.
La violenza deve tornare ad essere estranea alla battaglia
politica nelle fabbriche, nelle lotte sociali, nella cultura
della sinistra. Non basta praticare la non violenza, occorre
combattere la violenza, anche quella verbale, perché - prima o
poi - c’è chi, come in questo caso, passa dalle parole ai fatti.
A fianco del lavoro investigativo e repressivo della
magistratura e delle forze dell’ordine, deve essere condotta una
battaglia politica e culturale. E’ questo il significato della
mozione contro la nomina di Susanna Ronconi nella Consulta per
le tossicodipendenze. Per troppi anni, i riformisti, i
democratici hanno subìto, invece di condurre l’offensiva contro
gli estremisti. Basti pensare alla prolifica «letteratura» degli
ex brigatisti. Dopo tutte le morti, i lutti, il sangue sparso, i
danni prodotti al Paese e, in primo luogo, al mondo del lavoro,
sono ancora pronti a spiegarci come va il mondo, quali sono
stati i nostri errori, perché abbiamo tradito la classe operaia.
Si tratta di una china pericolosa, che contribuisce a mitizzare
anni orribili, dove vinceva chi sparava per primo e non chi
aveva le idee migliori e più lungimiranti. Quel clima va
raccontato alle nuove generazioni, che devono sapere cosa è
successo, cosa voleva dire, allora, fare politica ed essere
costantemente minacciati nella propria incolumità fisica solo
perché non si cedeva al ricatto dei violenti. Non possiamo
permetterci di regalare fasce rilevanti delle giovani
generazioni all’estremismo armato e ai suoi cantori.
La fase è particolarmente delicata: ogni volta che la sinistra
va al governo, qualcuno ne approfitta per gridare al tradimento
e per chiamare alle «armi» chi si sente deluso per i sogni
infranti. La fatica del riformismo: cambiare e migliorare la
società facendo i conti con il consenso e con le compatibilità
di sistema non vuol dire rinunciare a sognare un mondo migliore,
significa fare qualcosa per trasformare i desideri in realtà.
Non esistono scorciatoie, chi le imbocca finisce puntualmente
per precipitare nel burrone della violenza e dell’odio politico.
Le stagioni migliori del sindacato hanno coinciso con una forte
spinta riformista, che ha permesso ai lavoratori di migliorare
concretamente le proprie condizioni di vita, basti pensare allo
Statuto dei lavoratori promosso da Gino Giugni o al contributo
del sindacato per il risanamento e per fare entrare l’Italia in
Europa. Anche oggi c’è una questione sociale aperta, che va
affrontata eliminando la precarietà del lavoro, senza rinnegare
la necessaria flessibilità, sconfiggendo le nuove povertà, dando
nuove speranze alle ragazze e ai ragazzi che entrano per la
prima volta nel mondo del lavoro. Nulla di tutto questo si può
ottenere con la violenza.
I terroristi, nuovi ed ex, non sono esempi da seguire, non si
battono per i più deboli, sono criminali che vanno individuati,
isolati e puniti. Per riuscire in questo difficile intento,
serve l’unità di tutte le forze politiche. Noi continueremo a
impegnarci in questa direzione.
Alessandro Naccarato segretario regionale Ds