PD, LE IDEE OLTRE AI NOMI
Mattino di Padova 17 agosto 2007
Le elezioni del
14 ottobre, che segneranno la nascita del Partito
democratico, vanno preparate correggendo il tiro di
una discussione che fino ad oggi è rimasta troppo
ancorata attorno ai nomi. Il rischio che si sta
correndo è di arrivare all’appuntamento senza aver
chiarito quali debbano essere le idee forti che
possono permettere al Pd di aggregare le nuove
generazioni e quei pezzi di società che da soli, Ds
e Margherita, non hanno saputo coinvolgere. O saremo
in grado di elaborare un progetto di lungo periodo,
o, altrimenti, ci ritroveremo ben presto cucita
addosso l’etichetta di «partito della quotidianità e
dei tatticismi». Propongo di seguito alcuni punti
qualificanti che, a mio avviso, possono aiutare a
tracciare il profilo programmatico del Pd nel
Veneto. Scuola, formazione, ricerca: tutte le aree
più ricche del mondo investono molto sulla
cosiddetta economia della conoscenza, consapevoli
del fatto che uno dei fattori cruciali di sviluppo
sta nel progressivo innalzamento del livello di
preparazione dei propri cittadini. Guardando ai
flussi migratori, la nostra regione si prepara a
ricevere nei prossimi vent’anni oltre 35 mila
immigrati all’anno: la maggior parte di questi
saranno molto giovani e i loro figli nasceranno in
Italia. L’obiettivo diventa allora quello di formare
i cittadini del futuro, pena la pesante perdita di
posizioni culturali e del reddito e la creazione di
larghe sacche di emarginazione. Il governo ha
elevato l’obbligo scolastico a 16 anni: è in grado
la Regione Veneto di creare strutture specifiche per
la formazione dei lavoratori e programmi particolari
di conoscenza in primo luogo nei settori
dell’informatica e delle nuove tecnologie?
E per quanto riguarda la ricerca, dopo lunghi mesi
di dibattito che hanno visto la clamorosa
opposizione degli imprenditori al progetto del
Politecnico del Veneto, non è davvero arrivato il
momento di dare concretezza all’idea di un grande
polo scientifico che, aggregando i diversi Atenei,
può collocare la nostra regione e anche le nostre
aziende su livelli di eccellenza degni degli
standard europei?
L’altra zona d’ombra con la quale il Veneto deve
fare i conti sta nell’ambito della sicurezza e della
legalità. Lassismo e permissivismo sembrano
attraversare la società veneta e la battaglia contro
la diffusa mancanza di rispetto delle regole resta
ancora ferma agli slogan a effetto. In testa alle
priorità del programma del Pd si impone, dunque, la
richiesta di maggiori controlli a tutti i livelli,
con una maggiore presenza dello Stato sul
territorio. Ciò vale per la sicurezza stradale, dove
il governo ha già dato un importante giro di vite
per chi guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto
di droghe: la miglior risposta all’irresponsabilità
del vicepresidente della Regione Luca Zaia, che non
contento di essere rimasto senza patente dopo aver
scambiato l’autostrada per una pista di Formula 1,
ha addirittura proposto di innalzare i limiti di
velocità sulle strade.
E ciò deve valere anche per la sicurezza nei luoghi
di lavoro, stringendo le maglie dei controlli,
soprattutto nei cantieri, e per l’evasione fiscale,
una piaga da sconfiggere senza tentennamenti perché
più di tutte le altre dà la dimensione della diffusa
mancanza di senso della legalità. Un clima
decisamente pericoloso, dove i comportamenti
illegali vengono accettati e giustificati molto più
che in passato.
Ma le spinte al cambiamento che il Pd dovrà
imprimere vanno a toccare da vicino anche la
pubblica amministrazione, che va resa più snella ed
efficiente. E’ necessaria una riforma seria,
incardinata sul concetto di trasparenza, mettendo
fine a quel sistema di consulenze, attraverso il
quale i partiti hanno potuto fare le loro
lottizzazioni, e introducendo invece il metodo
concorsuale per ogni tipo di assunzione o
promozione.
Infine, ma non da ultima, l’economia veneta. Oggi
il tratto distintivo del mondo produttivo locale è
quello di migliaia di imprese medie e piccole dove
si lavora in condizioni spesso difficili e con
scarsi guadagni. E’ necessario avviare un patto con
la piccola impresa, che si fondi su alcune novità da
inserire nel sistema produttivo come ad esempio la
revisione dei meccanismi fiscali, rendendoli davvero
premianti per quelle aziende che fanno innovazione.
Le piccole e medie imprese vanno aiutate, rompendo
quei retaggi ideologici che hanno tenuto la sinistra
sempre troppo lontana dalle istanze che provenivano
da questa fetta importante di società veneta. Pezzi
di società, dal mondo dell’università e
dell’istruzione fino alle imprese, che attualmente
stanno fuori dai partiti e dalla politica, e che il
Pd ha ora il compito di aggregare e coinvolgere.
Per fare questo è indispensabile che i gruppi
dirigenti si mettano davvero in discussione,
abbandonando atteggiamenti che nel passato sono
stati troppo arroganti e presuntuosi, troppo
cattedratici e poco avvezzi all’ascolto. Per uscire
dagli schemi tradizionali e iniziare a dialogare con
ceti e realtà sociali, che oggi nella nostra regione
guardano alla Lega e a Forza Italia, abbiamo bisogno
di minor nomenclatura e di maggiore capacità di
elaborare programmi e alleanze, in modo autonomo
rispetto a Roma e più aderente alla realtà complessa
di un territorio come il Veneto.
In vista del 14 ottobre stiamo creando le liste di
chi, una volta eletto, sarà poi chiamato a scrivere
gli statuti del nuovo Pd: un compito per il quale è
essenziale il contributo di nuove voci, di nuovi
pezzi di società. Nel progetto del Partito
democratico non ci sono preconcetti, steccati o
muri. E’ invece richiesto il lavoro di tante donne e
uomini che vogliono costruire, attraverso una vera
discussione democratica, uno strumento capace di
cambiare in meglio il nostro territorio.
Alessandro Naccarato segretario regionale Ds
Veneto