INVESTIRE SULLA
SCUOLA
Mattino di Padova 17-11-2006
Il nostro Paese, se vuole
ricominciare a crescere, è obbligato a risanare i conti
pubblici, superando la disastrosa eredità consegnataci da
Berlusconi e Tremonti. Siamo fuori dalle regole di bilancio
dell’Unione europea, e ogni giorno si moltiplicano i segnali
d’allarme: basti pensare alla situazione drammatica dell’Alitalia,
delle Ferrovie e delle infrastrutture. Per questo, il governo ha
varato una manovra finanziaria di circa 35 miliardi di euro, la
più consistente dal 1992. Ma questo non ci ha impedito di
mettere in campo una politica che faccia della scuola e
dell’università i centri nevralgici dello sviluppo del Paese.
L’obbligo scolastico salito a 16 anni, la sospensione e il
superamento di fatto della riforma Moratti, le risorse
straordinarie per l’edilizia scolastica, gli investimenti per
gli asili nido, le nuove norme sui libri di testo e
sull’apertura pomeridiana degli istituti scolastici,
l’assunzione dei precari della scuola e di un numero cospicuo di
ricercatori universitari, la risposta positiva del governo
all’allarme lanciato da Rita Levi Montalcini sui fondi per la
ricerca sono tutti provvedimenti che dimostrano la volontà del
governo di invertire una tendenza che ha caratterizzato gli
ultimi cinque anni. Siamo convinti, infatti, che solo investendo
nel sapere e nella formazione dei giovani sia possibile
rilanciare il nostro Paese e arrestare il declino economico e
civile verso cui stiamo precipitando. Il governatore Draghi, nel
corso di un recente intervento all’Università di Roma, ha
spiegato nel modo migliore come sia basilare, per rilanciare la
crescita economica e lo sviluppo del Paese, investire
nell’istruzione pubblica e migliorarne la qualità. La
dispersione scolastica, la scarsa preparazione, il divario che
separa le diverse regioni italiane non danneggiano solo gli
studenti, ma l’intero sistema, che rischia di vedere aumentare
la precarietà e diminuire la qualità del lavoro e della
produzione. Si tratta di un problema che non riguarda solo il
Sud, ma che interessa anche una regione economicamente ricca
come il Veneto, dove ben il 25% dei ragazzi non termina la
scuola superiore. I Democratici di sinistra e l’intero
centrosinistra condividono alla lettera le parole di Draghi, e
sono impegnati nel recupero del terreno perduto. Dopo il
risanamento, ci saranno maggiori margini di manovra, e la nostra
attenzione non potrà che essere rivolta alla ricerca, alla
scuola, all’università, dal cui funzionamento dipende il nostro
futuro. Sono certo che, in collaborazione con gli insegnati, i
docenti, i rettori italiani, sapremo dare una risposta alle
esigenze di milioni di ragazze e di ragazzi, la qualità della
loro preparazione deve raggiungere al più presto il livello dei
loro coetanei europei, così come la ricerca deve diventare il
motore della nostra crescita. Non c’è più tempo da perdere.