Per uscire dalla crisi investire sui giovani
Il Mattino di
Padova, 18 novembre 2008
La crisi
economica non viene affrontata in modo adeguato dal
governo Berlusconi. Per sbloccare la situazione
vanno liberate le potenzialità dei giovani,
mettendoli in condizione di investire sul loro
futuro.
La crisi economica che si è evidenziata con forza
con i crolli finanziari degli ultimi mesi non viene
affrontata in maniera adeguata dal governo
Berlusconi. La legge finanziaria appena approvata
dalla Camera, infatti, non contiene alcun intervento
concreto per rilanciare l’economia. Anzi i tagli
pesanti al sistema scolastico e universitario decisi
con i decreti legge estivi del ministro Tremonti
indeboliranno l’unica materia prima di cui dispone
il nostro Paese: un capitale umano dotato di saperi
e conoscenze in grado di innovare continuamente
l’impresa e la produzione.
Si è parlato molto di sostegni a favore delle
banche e delle grandi industrie, ma il governo non
si è preoccupato di chi soffre davvero la crisi in
atto: i lavoratori dipendenti, i precari e i
pensionati. Per uscire dalla recessione e tornare a
crescere è necessario favorire i consumi attraverso
politiche che aumentino il potere d’acquisto degli
stipendi e delle pensioni, e garantire condizioni di
maggiore sicurezza e stabilità lavorative per le
giovani generazioni. La ripresa economica e lo
sviluppo richiedono un investimento deciso nei
giovani. L’Italia è diventata il Paese europeo in
cui le persone con meno di 34 anni decidono più
tardi di vivere in modo autonomo dalla famiglia. Per
fare un rapido confronto, in Italia il 70% dei
maschi fra i 18 e i 34 anni vive con i genitori,
contro il 50% di Spagna e Portogallo, il 30% di
Austria e Francia, meno del 20% in Gran Bretagna,
Svezia, Finlandia e Danimarca.
La situazione è peggiorata negli ultimi anni. Anche
qui porto un semplice dato di riferimento: i giovani
fra i 25 e i 29 anni che vivevano in famiglia nel
1981 erano il 30%, oggi sono il 57%. Questo ritardo
è una delle cause delle nostre difficoltà
economiche: meno occupati, meno innovazione nella
ricerca e nella produzione, meno fecondità e meno
figli. Dietro a questi elementi ci sono anche
aspetti individuali e culturali, legati alla volontà
e alla comodità di non assumersi responsabilità, e
alla paura che i figli possano limitare le
opportunità lavorative e la realizzazione
professionale, che comportano una ricaduta negativa
e drammatica per la società. L’Italia è un Paese
frenato, bloccato da questo ritardo, e perde
posizioni rispetto agli altri concorrenti
europei. Le risposte alla crisi, allora, devono
sbloccare la situazione e liberare le potenzialità e
le energie delle giovani generazioni, mettendole in
condizione di investire nel loro futuro. Con queste
finalità il Partito democratico ha avanzato alcune
proposte che elenco in estrema sintesi e che il
governo ha ignorato completamente. Innanzitutto
bisogna investire nell’istruzione ed elevare
l’obbligo scolastico. La scuola è il primo luogo
dove si formano i cittadini, dove accogliere e
integrare i figli degli immigrati che saranno i
cittadini italiani di domani, e dove insegnare la
cultura della responsabilità, della legalità, del
merito. Per questo servono più asili nido e ragazzi
che entrino nel mondo del lavoro con maggiori
strumenti culturali rispetto ad oggi. La conoscenza
e il sapere sono le principali risorse naturali di
cui disponiamo, e per diffonderle e svilupparle
serve più istruzione e più tempo scuola, non i tagli
irrazionali del governo.
E’ necessario istituire prestiti agevolati ai
giovani che decidono di uscire dalla famiglia di
origine. La nostra spesa sociale è sbilanciata verso
le persone più anziane che, anche per il peso
numerico che hanno, godono di attenzioni rilevanti
per ragioni elettorali. Una parte di risorse deve
essere investita verso i giovani che vanno sostenuti
quando ne hanno bisogno, quando possono realizzare
il massimo in ambito professionale e quando possono
decidere di costituire una famiglia e mettere al
mondo dei figli. E’ l’unica strada per aiutare
insieme ai giovani anche gli anziani. Infatti o si
inverte il calo demografico, o tra qualche anno
nessuno pagherà i contributi per tenere in piedi il
sistema pensionistico.
Inoltre bisogna aumentare i servizi per le giovani
donne che lavorano, con l’obiettivo di premiare chi
decide di avere dei figli, aumentare i tempi e le
retribuzioni dei congedi parentali, favorire la
stabilizzazione dei contratti di lavoro ed estendere
quelli che prevedono la maternità. L’Italia può
tornare a crescere soltanto se investe nella
conoscenza e nel sapere delle giovani generazioni e
se inverte il calo demografico con politiche a
favore delle famiglie.
Alessandro Naccarato, Deputato PD