Ai DS serve una battaglia,
ma sulle idee
Gazzettino 21-2-2007
Caro Direttore,
il Gazzettino ha dedicato ampio spazio al dibattito
congressuale dei Democratici di Sinistra: i
rappresentanti di ciascuna mozione sono stati
interpellati e i lettori hanno potuto misurare le
idee in campo. Mi piacerebbe contribuire alla
discussione, partendo innanzitutto dal rischio che
tutti i dirigenti del partito, insieme, devono a mio
avviso evitare. Non possiamo far passare l'idea che
il prossimo congresso del nostro partito si riduca
ad una battaglia tutta interna, una sorta di guerra
di posizionamento, nella quale contino più le
rendite di potere, in base alle quali ognuno sceglie
la collocazione che meglio lo garantisce. Lo scopo
della nostra discussione è e deve essere un altro:
comprendere le ragioni della crisi che sta
attraversando la politica e porvi rimedio.
Il Veneto è la Regione dove migliaia di ragazze e di ragazzi si dedicano al volontariato laico e cattolico e vedono l'associazionismo come il luogo ideale dove impegnarsi per migliorare la nostra società. Dall'altra parte, la nostra Regione conosce, più di altre, il fenomeno dell'antipolitica e del “ribellismo” sterile, che si manifesti nel “secessionismo” leghista o nella contestazione da sinistra poco importa. Ciò che conta è la ragione che rende compatibili, nello stesso spazio, due tendenze opposte: l'impegno e il disimpegno. Questa ragione, a mio avviso, va trovata nella crisi di rappresentatività dei partiti e della classe politica in genere, a prescindere dalle differenze di schieramento. “Sono tutti uguali” e “pensano solo agli affari loro” sono due frasi ricorrenti, che servono a liquidare qualunque tentativo di appassionare alla battaglia politica le nuove generazioni. Solo se si parte da questa analisi si può comprendere quali siano i motivi che ci fanno individuare nella costruzione di un partito grande e nuovo la risposta migliore all'inquietudine che attraversa il nostro tempo. Quali differenze incolmabili impediscono alla Sinistra socialista e al cattolicesimo democratico di portare a compimento una collaborazione che prosegue, ininterrotta, da ormai 12 anni e che ci ha consentito di andare al Governo nazionale per ben due volte, oltre che amministrare la stragrande maggioranza dei Comuni, delle Province e delle Regioni italiane? Sono convinto, e da tempo, che i punti di convergenza siano di gran lunga superiori alle distinzioni e che le differenze non rappresentino un problema, bensì una ricchezza, capace di rappresentare le diverse esigenze e sensibilità che caratterizzano una società complessa come quella italiana e veneta. Un esempio concreto è rappresentato dal Disegno di legge sulle coppie di fatto, reso possibile da un compromesso alto tra laici e cattolici, e capace di dare una risposta a centinaia di migliaia di coppie, lasciate per anni senza nessuna tutela. Chi vedeva nel fallimento di questa scommessa la dimostrazione dell'impraticabilità del partito democratico si è dovuto ricredere. E' stato proprio l'orizzonte del PD a consentire il conseguimento di un risultato così importante.
Ma veniamo alla realtà veneta. Dopo cinque anni di Governo Berlusconi e dopo 12 anni di Governo Galan, molte attese dei cittadini sono andate deluse, e la sensazione che la nostra società, sia a livello economico che sociale, se la cavi più per le capacità e la buona volontà dei singoli che per una capacità politica di affrontare i problemi è piuttosto diffusa. A queste mancanze, all'assenza di un organico progetto politico, il partito democratico può e deve porre rimedio. Combattendo le nuove povertà, garantendo maggiori diritti e sicurezze al mondo del lavoro, senza rassegnarsi a trasformare la necessaria flessibilità per chi inizia a lavorare in eterna precarietà, creando un circuito virtuoso tra università ricerca e imprese, per migliorare la qualità dei nostri prodotti e spingere verso l'alto la nostra capacità di competere, senza puntare sulla solita ricetta fatta di basso costo del lavoro e di scarsa qualità dei prodotti. Ma, soprattutto, dobbiamo parlare alle nuove generazioni, puntando alla mobilità sociale, fondata sul merito e non sulle rendite di posizione e sulle condizioni sociali di partenza. Aprire i mestieri, le professioni, aumentare la possibilità di fare impresa e di svolgere un lavoro qualificato a chi lo merita e non consentire che chi non ce la fa sia lasciato solo sono due punti programmatici fondamentali per una forza progressista e riformista. Infine va data una risposta politica alla “voglia di pace” espressa da decine di migliaia di ragazze e ragazzi sabato scorso a Vicenza. I DS e la Margherita veneti erano presenti a quella manifestazione, perché un partito politico che si rispetti non può non ascoltare i timori e le speranze dei propri concittadini, senza perdere il senso della sua funzione. Qualcosa si è mosso, dopo quella manifestazione, che sia tanto o poco non sta a me giudicarlo, ciò che importa è che il Governo dimostri di non rimanere sordo alle istanze di una parte importante dei suoi elettori.
Per fare tutto
questo occorrono la forza delle idee e quella dei
numeri. I partiti, così come sono oggi, non ce la
fanno; un partito nuovo che aspiri a rappresentare
almeno un cittadino veneto su tre e che miri a
rendere, contemporaneamente, più dinamica e più
giusta la nostra società, è indispensabile. Purché
nasca da un processo aperto, capace di appassionare
non solo chi, già oggi, aderisce ai DS e Alla
Margherita, ma anche quanti hanno perso la speranza
di migliorare il mondo con la politica, l'impegno,
la battaglia delle idee. Non sarà facile, ma vale la
pena provarci.
Alessandro Naccarato segretario regionale Ds