DAL VOTO UNA LEZIONE
PER IL PARTITO DEMOCRATICO
mattino di padova 22 aprile 2008
Il risultato
elettorale di lunedì scorso ha segnato una netta
vittoria della Lega Nord e della coalizione di
centrodestra, e impone al Partito democratico una
riflessione attenta. Quando si perde, infatti, è
necessario cercare di capire le ragioni che hanno
spinto gli elettori a scegliere l’altra parte,
sapendo che il risultato è determinato da più
fattori.
E che non servono scorciatoie né bacchette magiche ma un’analisi seria e
un lavoro duraturo nel tempo. Il centrosinistra alle
elezioni politiche, regionali ed europee perde in
Veneto da quando è nato e ha perso con qualsiasi
tipo di candidato o di formula politica. Dalle
regionali del 1995, quando Rifondazione comunista
andò da sola, o fu esclusa dalla coalizione, non
siamo mai riusciti ad avvicinarci al 50% dei
consensi. Eppure il nostro dibattito oscilla da
allora, senza mai approdare a nulla, tra il non fare
niente e proposte estemporanee di diventare più o
meno nordisti, di seguire improbabili modelli a
volte catalani, a volte bavaresi. Nel 1996, ad
esempio, aiutati dalla legge maggioritaria,
eleggemmo molti parlamentari raccogliendo meno del
40% dei voti, e poi ci comportammo come se avessimo
vinto davvero le elezioni provocando i disastri
elettorali del 2000 e del 2001. Solo nel 2005, con
la candidatura a presidente della Regione di Massimo
Carraro, siamo riusciti a crescere davvero e a
intaccare parti dell’elettorato di centrodestra.
Mi auguro che questa volta nessuno ricorra alla
solita scusa della nostra scarsa capacità
comunicativa, che è stato uno dei peggiori sistemi
utilizzati dal centrosinistra per nascondere i
problemi. In passato, infatti, di fronte a risultati
simili a quelli del 13 e 14 aprile, molti sostennero
che eravamo stati bravissimi ma gli elettori non ci
avevano compreso, perché non eravamo riusciti a
comunicare quanto avevamo fatto. Si tratta del
solito modo arrogante e superficiale, molto diffuso
purtroppo nel centrosinistra, di chi pensa di avere
sempre ragione. In realtà, i cittadini si informano
e decidono come votare in maniera precisa e
approfondita. E in questa occasione, come in
passato, la maggioranza dei cittadini ha capito bene
le nostre proposte ma non le ha condivise.
Inoltre nell’analisi del voto è utile ricordare che
il centrosinistra ha un consenso maggiore alle
elezioni amministrative e governa così molti Comuni.
Questo avviene spesso perché i nostri candidati
sindaci - è evidente l’esempio di Zanonato a Padova
- sono persone credibili e amministratori capaci,
che raccolgono consensi anche tra chi alle elezioni
politiche sceglie il centrodestra. Questo dimostra
anche che i cittadini votano in maniera sempre più
consapevole, riescono a distinguere molto bene le
diverse proposte locali e nazionali, e possono
cambiare orientamento a seconda delle proposte che
vengono loro offerte.
La vittoria del centrodestra allora non è il
risultato di un voto di protesta ma una scelta
chiara degli elettori che, in continuità con i dati
degli ultimi anni, hanno confermato di fidarsi di
più e di sentirsi rappresentati da quello
schieramento. Il centrodestra ha saputo cogliere e
interpretare una diffusa sensazione di paura e di
insicurezza verso il futuro, ed è riuscito a offrire
un’immagine di maggiore coesione, proponendosi come
una forza che assicura certezze e garanzie. Qui la
Lega Nord ha svolto un ruolo decisivo, perché ha
rappresentato un baluardo a difesa del modello di
sviluppo che ha prodotto la crescita economica e la
ricchezza delle regioni settentrionali, ed è
diventata un riferimento identitario e culturale dei
valori del lavoro e della produzione molto diffusi
in Veneto e nel Nord.
Al contrario le iniziative del governo Prodi sono
state vissute come autentici traumi, che avrebbero
sconvolto gli attuali assetti economici e
produttivi: la lotta all’evasione fiscale, le
liberalizzazioni, le politiche di riduzione della
spesa pubblica, la riforma del pubblico impiego e
della contrattazione, i tagli e la dismissione degli
enti inutili (basti pensare al caso clamoroso dell’Alitalia)
sono state valutate in modo negativo dalla
stragrande maggioranza delle categorie economiche e
delle organizzazioni sindacali, preoccupate di
difendere gli interessi dei propri aderenti. E’
indicativo il fatto che tra i pensionati e i
lavoratori dipendenti del settore manifatturiero,
dove la presenza del sindacato è particolarmente
forte, la Lega Nord sia cresciuta molto, anche a
danno della cosiddetta sinistra radicale.
Il voto al centrodestra è stato un voto per
tutelare e conservare condizioni economiche e
identità culturali, ed è stato un voto contro un
governo che ha provato a fare le riforme senza
confrontarsi con una parte del paese e senza
preoccuparsi di costruire il necessario consenso. Le
divisioni e le liti nel governo Prodi hanno fatto il
resto, dimostrando la nostra incapacità di stare
insieme e di governare il Paese. Dopo avere vinto di
pochissimo nel 2006, ci siamo «suicidati» e abbiamo
distrutto anche il tentativo di tenere insieme tutto
il centrosinistra, affossando una politica delle
alleanze che deve essere ripensata in fretta, visto
che il Pd è lontano dall’autosufficienza.
Il Partito democratico deve ripartire da due punti:
una politica delle alleanze per coinvolgere l’Udc e
confrontarsi con la Lega nel tentativo di scardinare
l’alleanza con Berlusconi e catturare gli elettori
che saranno delusi dal nuovo governo; un
atteggiamento di maggiore ascolto dei cittadini. E’
necessario un atteggiamento di apertura e
disponibilità, bisogna avere il coraggio di mettersi
in discussione. Se vogliamo coinvolgere altre
persone, avvicinare cittadine e cittadini al nuovo
partito, non dobbiamo dettare condizioni, porre
steccati. Altrimenti rischiamo di ripetere i
fallimenti degli ultimi anni. Penso infatti che
dobbiamo smetterla di avere la pretesa di spiegare
agli altri come vanno le cose, di rivolgerci alla
società come se noi avessimo la ricetta per tutti i
problemi. Troppo spesso ci comportiamo e veniamo
percepiti come quelli che pensano di sapere tutto,
che dicono agli altri cosa fare, con un po’ di
superbia e la pretesa di essere anche ascoltati.
Così non facciamo molta strada, diventiamo sempre
di meno, più anziani, meno motivati e più chiusi.
Dobbiamo smetterla con la cultura dei «senza se e
senza ma». Dobbiamo aprirci, se vogliamo
confrontarci con gli altri, dobbiamo avere qualche
certezza in meno e qualche dubbio in più, dobbiamo
interrogarci e cercare di stabilire relazioni e
contatti. Così, credo, potremo dialogare anche con
chi ha votato per altri partiti e potremo
convincerli a scegliere il Pd.