«Il settentrione è ormai perso, da anni non vinciamo più delle elezioni.
Ma da qui dobbiamo ripartire radicandoci nel territorio»
Gazzettino 30 maggio 2007
Mestre
Al Nord il riformismo del Partito democratico non morde. Parole di Mercedes Bresso, presidente del Piemonte. Da Torino a Trieste è diventato pesante il tormento per l'incapacità dimostrata al primo appuntamento da parte del nuovo soggetto politico che proprio nelle elezioni di domenica e lunedì voleva tastare il polso all'elettorato. Il termometro è schizzato in alto, segnando una febbre da cavallo di chi, nel centrosinistra, è andato alle urne.
Alessandro Naccarato , è stata una doppia débacle al Nord: insofferenza verso il governo, piena sfiducia nella grande "cosa" democratica.
«È evidente la tendenza negativa verso il governo spiegabile nella delusione delle aspettative. Penso alla sicurezza, al lavoro autonomo che si sente maltrattato, alla discussione sulla riforma delle pensioni e sui contratti del pubblico impiego gestite temporalmente in modo negativo perché affrontate a ridosso del voto» risponde il parlamentare padovano che è anche segretario dei Ds del Veneto.
Un po' riduttiva come spiegazione.
«Ammetto, anche perché se queste fossero le motivazioni, avremmo un dato simile in tutta Italia...».
Invece il Nord vi ha voltato le spalle.
«Con un esito molto articolato. Un esempio: a Verona Zanotto ha preso meno voti rispetto al primo turno del 2002 e sta a dieci punti rispetto alle politiche del 2006...».
Ebbene?
«C'é stata una componente locale che ha determinato il risultato. E al contrario a Montebelluna dove la candidata sindaco va oltre sia al dato del 2002 che a quello delle politiche. Idem per Chioggia. Morale: esistono elementi locali che migliorano la tendenza negativa del governo dove abbiamo avuto candidati e coalizioni forti; i dati peggiorano dove questi due elementi sono meno credibili localmente».
Bene. Ora però va detto che proprio al Nord dove c'é la concentrazione industriale e della ricchezza il risultato è stata l'alienazione dei consensi.
«È vero. Ma ricordo che al Nord le elezioni le abbiamo perse anche nel 2006, nel 2001, le regionali 2005...».
Non c'é da stare allegri.
«Macché, è per dire che continuiamo ad essere minoranza, ormai il Nord lo abbiamo perso: non ci resta che tornare in sintonia con territori con i quali non si dialoga da anni. E aggiungiamo che un dato politico è innegabile: questa volta il centrodestra era unito mentre nel 2002 erano divisi. E onestamente ricordo che a Verona cinque anni fa abbiamo vinto perché un pezzo del centrodestra è passato con noi. Se loro stanno sempre insieme, per noi non c'é storia».
Per i vostri elettori sarebbe bene far capire che non intendete farne elemento fisiologico della vostra debolezza.
«Assolutamente no, tant'é che dobbiamo procedere rapidamente verso il Pd per poi riempirlo di contenuti».
Ritiene, come la Bresso, che o costruirete un modello riformista vero, oppure si vince o si perde sul consenso personale, sul voto personalizzato?
«Sono d'accordo, questo è il nostro limite: essere troppo attaccati ad alcune personalità che forse funzionano sul piano locale, assai meno o per nulla se si allarga l'ambito territoriale. Manca tutto il lavoro, che un tempo facevano le forze politiche organizzate, del radicamento delle idee e delle proposte. Non siamo più in sintonia con la gente normale... Tosi prende un sacco di voti dai cittadini qualunque che, ad esempio sulla sicurezza, danno ragione a lui perché non hanno ottenuto risposte da noi».
Partito Democratico àncora di salvezza?
«Ci vuole una forte connotazione sui temi. Dobbiamo smetterla di guardare al lavoratore autonomo come un evasore, non andremo da nessuna parte. Sulle pensioni, bisogna avere il coraggio di dire che si può lavorare fino a 65 anni salvaguardando certo i diritti acquisiti, invece assistiamo ad una discussione finta su scalino, scalone, scaletta dove nessuno capisce e il messaggio che arriva è astruso per i cittadini».
Riforme delle pensioni, riforme istituzionali con il federalismo fiscale. Il Nord, il Veneto in particolare, ha dimostrato di non credere al governo nonostante le visite a raffica di ministri venuti a promettere l'autonomia.
«Il discorso del federalismo fiscale non premia e non penalizza nessuno tanto che, come esempio, non è stata preferita la Lega. Detto questo, è ovvio che bisogna dare risposte di contenuto in tema di federalismo. Stesso discorso vale per il caso della caserma Dal Molin: non ho visto spostamenti elettorali clamorosi nel Vicentino per una lista piuttosto che per altre. È evidente che i contrari alla caserma di centrodestra come di centrosinistra non sono andati a votare: chi ha soffiato sul fuoco ha fatto male i suoi conti».
L'impressione è che potrebbe esserci il migliore governo di centrosinistra del mondo, ma comunque voi Ds senza una struttura forte del Pd non riuscireste a reggere l'urto.
«È innegabile che questo è il rischio. Infatti ritengo che il Pd deve puntare a formare la sua classe dirigente e poi discutere di politica programmatica».