MENO EVASORI MENO TASSE
Mattino di Padova
30 agosto 2007
Il dibattito di
questi giorni sulle tasse risente della demagogia e
dei luoghi comuni che sono stati diffusi in ampi
settori dell’opinione pubblica da chi evade il
fisco. Tutti si affannano a discutere di tagli
mentre nessuno ricorda che soltanto una decisa e
determinata lotta all’evasione può consentire di
avere risorse per ridurre le tasse.
Bisogna avere il coraggio di dire con chiarezza che
l’emergenza fiscale non è costituita dalle aliquote
alte ma dall’evasione. Infatti se tutti pagassero le
tasse, sarebbe possibile abbassare il prelievo e
potremmo disporre delle risorse necessarie per
migliorare i servizi e la qualità della vita.
Per questo penso che, prima di dividersi sui tagli,
il futuro Partito democratico dovrebbe continuare a
considerare fondamentale la lotta all’evasione, e
rivendicare con forza i successi dell’azione del
governo e di Vincenzo Visco.
Per anni nessuno si è impegnato contro l’evasione,
addirittura il governo Berlusconi l’ha giustificata
attraverso la politica dei condoni.
Da una ricerca dell’Ufficio studi dell’Agenzia
delle entrate, partendo dai versamenti Iva, emerge
che l’evasione fiscale in Italia ha superato i 270
miliardi di euro ed è in crescita costante dal 1980.
Si tratta di una malattia antica, radicata in
profondità, tollerata e favorita da molti governi e
forze politiche.
Inoltre, si è preferito, spesso anche a sinistra,
scaricare le responsabilità dell’evasione sui
piccoli lavoratori autonomi, ingiustamente descritti
come i principali evasori. In questo modo si è
evitato di affrontare sul serio il problema, e di
prendere i necessari provvedimenti.
In realtà, tutti gli studi sull’argomento
individuano nel lavoro nero e nelle attività
produttive e commerciali sommerse, soprattutto
nell’Italia meridionale, la parte più importante
dell’evasione. E infatti il recupero dell’evasione
fiscale finora ottenuto dal governo deriva in
prevalenza dalle nuove norme e dai controlli nei
settori delle costruzioni, dei servizi immobiliari e
dall’Iva sulle auto.
Per contrastare sul serio l’evasione è necessaria
la convinzione culturale che ci troviamo di fronte a
un’emergenza nazionale, che danneggia la nostra
economia e provoca una grave ingiustizia nei
confronti di chi paga correttamente il fisco.
Inoltre, serve il coraggio di affrontare con
determinazione la questione, senza offrire
giustificazioni o alibi a nessuno.
Per questo serve un aumento dei controlli, per
portare alla luce le attività sommerse che spesso
fanno parte di circuiti criminali, e serve il
dialogo con le categorie economiche, che devono
essere coinvolte e responsabilizzate nella lotta
all’evasione.
La polemica di qualche mese fa sugli studi di
settore è stata utile, perché ha dimostrato che solo
la concertazione con le imprese del lavoro autonomo
può creare un clima di condivisione contro
l’evasione ed evitare le strumentalizzazioni e le
crociate ideologiche.
E’ necessario anche sfatare alcuni luoghi comuni
veneti, creati ad arte per giustificare l’evasione.
Uno dei più diffusi si può sintetizzare così: se
non si costruiscono le infrastrutture, ad esempio la
mitica Pedemontana veneta, perché pagare le tasse?
Anziché rincorrere simili sciocchezze, il Partito
democratico deve spiegare che ormai dappertutto, da
anni, le infrastrutture stradali non si finanziano
con la fiscalità generale ma con i pedaggi degli
utenti.
E in Veneto, i proprietari delle principali società
autostradali e di molte aziende di servizi sono enti
locali, Camere di commercio, imprese private.
A loro spetta il compito di accordarsi su come
investire gli utili prodotti dalle società di
gestione e realizzare le infrastrutture. Bisogna
avere il coraggio di dire la verità.
Molte opere stradali non si costruiscono a causa
delle litigiosità e dei campanilismi di
amministratori, che scelgono i tracciati sulla base
di interessi speculativi e non delle esigenze del
territorio, come dimostrano i casi dell’Ikea al
casello di Padova Est, di Veneto City a Dolo e i
tempi eterni che hanno preceduto l’avvio dei
cantieri per la nuova tangenziale di Mestre.
Non serve incolpare Roma o l’eccessivo carico
fiscale; sarebbe sufficiente fare come le vicine
Lombardia ed Emilia Romagna.
Là le infrastrutture si realizzano per le maggiori
capacità degli enti locali e del sistema
imprenditoriale, che riescono ad accordarsi per
concentrare gli investimenti su poche e
significative opere.
Alessandro Naccarato segretario regionale Ds